Camminare per i vicoli del Borgo Antico di Termoli è straordinariamente suggestivo e coinvolgente.
Sono cunicoli che fendono le vecchie case e si addentrano fra di esse quasi a ferirle nel loro silenzio centenario.
Sono una sorta di piccoli labirinti che nascondono le storie di antiche, innumerevoli generazioni.
Pavimenti di lastre di pietra e di ciottoli di fiume, muri di malta e di arenaria logorati
dal vento di maestrale e consumati dalla salsedine di mille tempeste.
E, mentre vai percorrendoli lentamente, potresti riascoltare le parole.
Le parole mai più ripetute del pescatore e del capobarca dello “sbarzocco” e del mozzo, che ad ore antelucane si apprestavano a salire sulle paranze per andare alla pesca.
Parole propiziatorie, quasi di richiamo, appena sussurrate per non svegliare i familiari. E sentire il profumo del mare, aspro e prepotente che ti pervade le narici, il rumore della risacca sugli scogli sotto il bastione del Castello.
E, se socchiudi gli occhi, rivedere, quegli uomini, segnati dalla dura fatica nel volto e nell’anima, che passano per quei vicoli e vanno verso la spiaggia ad iniziare il dialogo quotidiano con il loro amico più amato e più temuto: il mare.